Questa raccolta di saggi, pubblicata più di quarantanni fa, ha contrassegnato un momento di passaggio, nella letteratura o più in genere nella società italiana. Era ormai finita la stagione delle incertezze di un'Italia uscita distrutta dalla Seconda guerra mondiale, che sentiva il bisogno di ritrovare valori solidi, ma ahimè li ricercava nelle vecchie concezioni ottocentesche, fiduciose in una sanità e normalità della natura. Le esperienze delle avanguardie storiche apparivano allora come improbabili e ormai superate, quasi da ripudiare. Il punto di vista qui seguito, al contrario, è che all'inizio del secolo si fosse operata una rivoluzione totale su ogni fronte della cultura, e dunque la vecchia nozione di una natura statica e unitaria costituiva una barriera da superare, sostituendola con un'idea «aperta» e dinamica della realtà, articolata su molteplici livelli. Era l'ora di riallacciarsi ai padri di quella rivoluzione, a cominciare da Svevo e Pirandello, da preferirsi a un più confuso e ambiguo Gadda. Quelle intuizioni, lungi dall'essere superate, apparivano la valida premessa per andare oltre. Il compito spettante alle nuove generazioni, per esempio del Gruppo 63, in cui l'autore ha militato, era di «normalizzare» quel panorama, di metterlo alla portata di tutti, di renderlo vivibile e accettabile.