“Il Gattopardo”di Giuseppe Tomasi Di Lampedusa
Osservazioni personali
Il contesto storico e il tema politico sono fondamentali, l’incertezza in cui versa l’Italia nel periodo dell’Unificazione è significativa , caratterizza l’essenza del libro , determina la melanconia irrisolta dei suoi personaggi ; diversamente da quanto abbiamo appreso studiando i libri di scuola, la cronologia dei fatti (lo sbarco dei mille, il plebiscito per l’annessione del sud al regno dei Savoia, il ferimento di Garibaldi) non è sufficientemente esaustiva di quella che era la vera congiuntura storica, la confusione delle classi sociali tradizionali ed emergenti, la loro mutevole presa di posizione. Le stesse figure celebri, non sono così limpide , incommensurabili e degne di incontrovertibile fedeltà come ci sono sempre state proposte. Tra i sostenitori del vecchio regime, gli aristocratici più lungimiranti si rendono conto della necessità almeno di adeguarsi ai cambiamenti se non di incoraggiarli perché altrimenti rischiano di perdere ogni privilegio di cui sino a quel momento avevano goduto. Si veda il motto di Tancredi “ se vuoi che tutto rimanga com’è, tutto deve cambiare” che conquista idealmente anche Don Fabrizio il quale pur comprendendolo dentro di sé non si presta a divenire attivista e rifiuta la proposta di Chevalley di far parte del nuovo Senato; la classe borghese è la più avvantaggiata e dal nostro moderno punto di vista non ci sarebbe nulla di sconveniente, ma l’ottica di Tomasi di Lampedusa non può che essere la medesima di Don Fabrizio, disponibile intellettualmente, ma in quanto erede dell’aristocrazia siciliana, non si discosta dalle abitudini, dai valori, dalle idee che si sono tramandati nei secoli e che ne hanno determinato l’immobilismo e la rassegnazione da una parte , l’amore per il gusto, l’eleganza, la nostalgia romantica dall’altra. La cornice geografica è in perfetta sintonia, l’ asprezza del territorio , il clima inclemente, la penuria dei mezzi di comunicazione sono essi stessi causa della diffidenza, dell’inettitudine, dell’isolamento del popolo siciliano. L’innovazione richiederà molto più tempo di quanto prevedano i suoi fiduciosi promotori, e chissà se inciderà davvero nella dura corteccia di quegli animi o se rimarrà solo in superficie o addirittura vana proprio perché imposta e incompatibile con la loro rigida ed indolente natura. Padre Pirrone incarna il punto di vista della Chiesa, ancora più restia e ostile verso il Re “Costituzionale”. Chevalley è il più evoluto perché nasce con il nuovo regime ma non può immedesimarsi davvero nella realtà del sud. Pallavicini è un uomo concreto, ricorre alle armi contro Garibaldi secondo gli ordini ricevuti e poi gli riserva convenevoli e dimostrazioni di affetto palesando ancora una volta le contraddittorie e instabili miscellanee politiche. Don Ciccio Tumeo vorrebbe mantenere il suo appoggio ai principi aragonesi verso cui nutre una profonda e personale devozione, ma il suo voto contrario in occasione del plebiscito viene addirittura ignorato. Don Calogero Sedara quale appartenente alla nuova classe emergente sfrutta la situazione e si arricchisce, ma non gode di particolare stima e spesso ne risaltano la grettezza, il materialismo, a tendenza a monetizzare piuttosto che a valorizzare . Le donne non sono direttamente coinvolte nella vita politica anche se ne subiscono in bene e in male le conseguenze, come Angelica che alla fine assume i ruoli sociali di rappresentanza precedentemente rivestiti dalla famiglia dei Salina. I personaggi femminili sono comunque molto ben delineati e interessanti anche se privi di autoironia e alcuni di essi soprattutto i più vetusti di totale autonomia: come le stelle di Don Fabrizio, ruotano intorno al suo universo e rispondono esattamente ai suoi calcoli. Angelica sembra risplendere più delle altre, monopolizza l’attenzione del lettore con la sua bellezza , la sua risata anticonvenzionale, la sua leggerezza . Tutti ne rimangono affascinati , attendono il suo ingresso al ballo, vivono la trepidazione e l’ansia dei suoi primi incontri con Tancredi. Presto però si percepisce che nella vicenda sentimentale c’è qualcosa di non autentico e perciò destinato a svanire come tante delle passioni meramente umane; alla fine è Concetta che viene riscattata, dopo una vita di autolesionismo scopre di essere stata lei il vero amore platonico di Tancredi, ed è il suo ideale a brillare perennemente nel firmamento. Il senso della caducità dell’esistenza permea il libro sin dalle prime pagine : la decadenza della nobiltà, la fine dei suoi valori, la morte dei protagonisti….Bendicò è l’emblema dell’estremo tentativo dei Salina di imbalsamare ad eterna memoria il loro passato, ma alla fine la sua stanca e impolverata carcassa diventa ingombrante ed è la stessa Concetta a volersene liberare per sempre: per lei il cammino terreno non sarà ancora molto lungo ma è giunto comunque il momento di non voltarsi più e di guardare avanti. Anche la morte di Don Fabrizio non è tragica, è quasi una liberazione dalla prigionia di una vita in cui non si riconosce più, è un ricongiungimento alle tanto amate stelle , nell’essere supremo da cui tutto proviene e ove tutto riconfluisce. Non è affatto perciò una visione nichilistica ma si avvicina alle posizioni filosofiche della scuola greca che tanto ha influenzato la cultura siciliana. Anche l’ironia di Don Fabrizio e quindi dell’autore contribuisce a propendere per una chiave di lettura possibilista: la natura umana è vulnerabile, la storia è capricciosa, i corpi si deteriorano, ma le stelle e gli animi che le raggiungono brillano perfette, eterne, felici…………scrutando lassù tra le costellazioni mi piace pensare che ne esista una dedicata al gattopardo di cui si intravvede l’effigie immortale sovrano tra i suoi personaggi e perennemente sorridente con i suoi lunghi mustacchi….
Con simpatia
Monica
Monica Seregni 15/07/2017