Nel diario del protagonista, un riservato professore di latino cinquantenne, si scorge la monotonia della sua esistenza, scandita da una routine immutabile: lezioni, passeggiate, serate al circolo e rare e fugaci visite a una casa di tolleranza. Un uomo solo, alieno da ogni sentimento, immerso in un grigiore quotidiano. Tuttavia, durante un soggiorno in montagna, qualcosa inizia a incrinarsi. Un'inquietudine prende corpo, la tristezza e un senso di vuoto lo pervadono, spingendolo a confidarsi con un perfetto sconosciuto per il quale, in precedenza, provava solo indifferenza. La crepa si fa ancora più profonda quando, con l'inizio del nuovo anno scolastico, al professore viene assegnata una classe di studenti dell'ultimo anno, in cui ci sono anche sei ragazze. In lui una serie di turbamenti prendono vita, soprattutto quando due allievi innamorati risvegliano in lui un sentimento sopito da tempo: l'amore. Márai, con magistrale abilità, e attraverso le parole stesse del professore, ci svela i sentimenti che lo sconvolgono: l'invidia per la giovinezza dei suoi studenti e il desiderio proibito per una delle sue allieve, lo spingono verso un baratro inesorabile. L'uomo inizia a curare il suo aspetto, compra un nuovo abito, si taglia la barba e si fa fare massaggi per cancellare le rughe del tempo. Ogni gesto diventa un tentativo disperato di aggrapparsi a una vita che gli sfugge dalle mani. “Bebi, o il primo amore” è un viaggio struggente nell'animo di un uomo e un invito a riflettere sulla fugacità dell'esistenza.