scheda di Lolli, G., L'Indice 1998, n.10
No, caro Hans Magnus, così non va, e mi dispiace doverlo dire, con tutto il rispetto per l'autore della poesia su Gödel, con l'astuta immagine del Barone di Münchausen che si tira su per i capelli fuori dal fango; con tutto il rispetto per l'autore delle ballate sul progresso di Mausoleum (Einaudi, 1979), con quelle su Leibniz e Turing, questa volta con "Il mago dei numeri" non ci siamo. La colpa non è dei numeri, ma del mago. I numeri sono trattati bene, fanno la loro bella figura; gli argomenti sono ben scelti, con intelligente progressione. Ma il mago che cosa fa? Tutto fuor che il mago. Si limita a comparire e a far lezione, compare sempre allo stesso modo; Roberto si addormenta e sogna, si addormenta e sogna; alla fine della lezione stanco si addormenta (cioè si sveglia, potevi fare almeno una battuta sulla doppia negazione). È una iterazione senza varianti, senza sviluppo.
L'iterazione è parte importante della matematica, e può anche essere proposta in maniera spiritosa; può servire a fare vignette umoristiche, come col carro attrezzi che arriva a soccorrere un carro attrezzi che è arrivato a soccorrere un carro attrezzi...; ma se usata in modo pedestre fa annoiare, e il pericolo già lo corriamo troppo con la matematica. Il lettore si annoia qui non per i numeri, ma per la storia, che è ripetitiva, che non c'è.
È vero che il triangolo di Pascal è una delle più belle e affascinanti illustrazioni della magia della matematica, ma il tuo mago che merito ne ha? Nessuno, si limita a leggerlo. Mi sembra un po' platonista il tuo mago, e se è vero il platonismo i maghi non servono.
Il mago non ha niente di diverso dal professor Mandibola, e non si capisce perché Roberto lo ascolti; anche lui inizia sempre con "oggi parliamo di...", anche lui quando arriva a qualcosa di troppo difficile invita ad accettarla "ex auctoritate"; perché la spiegazione non sarebbe comprensibile (sarebbe faticosa); anche lui sulle dimostrazioni ripete pericolosi e frusti luoghi comuni, come quando presenta (una fotocopia della pagina con) la dimostrazione formale di 1 È 1 = 2 di Russell e afferma che con quella sappiamo 1 È 1 = 2 con maggior precisione
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Invece avremmo proprio bisogno di maghi, per rendere allettante la matematica; chi la conosce, o ha la pazienza di andare avanti, lo sappiamo che incontra argomenti e sorprese appassionanti; ma il dramma irrisolto della nostra cultura è come convincere a far questo, come far leggere il triangolo di Pascal o i numeri di Fibonacci, e il tuo mago non ha proprio niente da insegnarci.
Dirai che questi matematici non sono mai contenti: per una volta che un libro sui numeri vende decine di migliaia di copie, invece di rallegrarsi per l'opera di divulgazione che svolgo, mi criticano. Il fatto è che i tuoi acquirenti il libro non lo leggono, perché è troppo noioso; vorrei proprio sapere quanti sono arrivati al problema del commesso viaggiatore. Eppure così va il mondo: prendi un libro di matematica qualsiasi, mettici sopra una copertina con il nome di Enzensberger, e dentro qualche disegno colorato, e sei sicuro che il libro va a ruba. A comprarlo sono gli stessi che amano vantarsi: Oh, io la matematica non l'ho mai capita. Ma che gente siamo? C'è proprio da disperare.
"sic"