Sulla mafia si è discusso molto, e si continuerà a farlo; molto meno si è scritto sul movimento antimafia, movimento sociale lentamente cresciuto a partire dal secondo dopoguerra che ha sostenuto l'azione di magistratura e polizia, nato dall'incontro tra un ceto urbano colto ed attivisti di base impegnati nel promuovere una nuova cultura della legalità. Attraverso un processo di intenso lavoro politico e culturale, questi gruppi hanno coraggiosamente attaccato le pratiche locali che favorivano la criminalità organizzata - ad esempio, le regole sull'assegnazione degli appalti pubblici - cercando di ribaltare la percezione della mafia come fattore inevitabile e dei mafiosi come "uomini d'onore". Grazie alla loro prolungata esperienza "sul campo", Jane e Peter Schneider ricostruiscono la storia del movimento antimafia, i suoi obiettivi, le contraddizioni inteme, le resistenze da parte di una classe politica clientelare e collusa con la criminalità organizzata, le difficoltà della penetrazione della cultura della legalità presso i ceti popolari economicamente legati alle sorti dell'edilizia corrotta e infiltrata dalla mafia, che a Palermo è stata a lungo il primo datore di lavoro.Come scrive Salvatore Lupo, quello degli Schneider «resta sì uno sguardo esterno, ma nel senso migliore. Il lettore italiano, che pure sta dentro, scoprirà eventi ignoti o semplicemente troppo presto dimenticati della sua stessa storia, e teorie atte a spiegarli».